venerdì 1 marzo 2013

Mauro Chessa: elezioni 2013


Non credo sia possibile leggere l'esito elettorale (ma le elezioni hanno solo messo in numeri la situazione) con i criteri dell'analisi politica. Non solo perché non si può misurare il M5S con il metro della sinistra e della destra, e ancor meno con quello del socialismo e del liberismo (Il programma M5S è un coacervo di enunciati che vanno da uno statalismo socialista d'antan al liberismo montiano), ma perché se l'elettore si ponesse il problema di stabilire il modello sociale che desidera per se e per i propri figli troverebbe difficoltà a rintracciarne uno nel programma del M5S, per quanto questo contenga molte cose che, nel brevissimo termine, sono sacrosante e fortemente auspicabili.

La cassetta degli attrezzi che può servire a smontare per comprendere il funzionamento dell'attuale situazione non è quella della politologia ma quella della sociologia.
Grillo, e ancor più Berlusconi, sono manifestazioni sociologiche non politologiche, sono un altro linguaggio, un'altra misurazione, sono la fuga dalla realtà per un affaccio su un altro mondo.
Da una parte il mondo del tycon onnipotente, onnipresente, sopra persino alle miserie del codice penale, che con la sua forza vulcanica dovrebbe contagiare la società e trarla fuori dalla realtà fatta di vincoli europei, di un globalismo devastante il mondo del lavoro, di una atomizzazione individualista che scardina il patto sociale.
Dall'altra l'outsider che irrompe sostenuto da una piazza Tahrir telematica e occidentalizzata, dal quale si attende l'azzeramento del sistema e la sostituzione con una nuova generazione che d'emblèe spazzi via storture e ruberie, dando vita ad un eden dove miracolosamente rispunta il lavoro, ma poi che ce ne frega, tanto chi non ce l'ha vive di sussidi.
Certo i 2 fenomeni sono diversi: Berlusconi è al centro di interessi privati e istituzionalizzati che lo sostengono, mentre Grillo è al centro di un interesse popolare diffuso. Ma non credo si possa pensare di affidare l'Italia a Berlusconi o a Grillo sulla base di una analisi ragionata delle loro proposte, ragionata con la ragione di chi pensa ad una Italia posta in Europa, nel mondo e in questo periodo storico, nella speranza di poter avviare un cambiamento strutturato e positivo. Ci si affida ad uno dei due per non pagare la prossima rata dell'IMU o per mandare a casa un tot di cariatidi, cioè non per il domani ma per il poco maledetto e subito.
Con questo clima sociale mi pare ovvio che scompaia chi parla il linguaggio della politica, quindi della programmazione a lungo termine, del cambiamento graduale, della costruzione socio-economica. Bersani è in difficoltà certo anche per una offerta eccessivamente blanda, ma non certo per non essere sufficientemente di sinistra (personalmente credo per nulla di sinistra): dov'è finita la sinistra di Vendola, Diliberto, Ferrero e del suo ultimo interprete Ingroia ? La legge elettorale ha il suo peso, ma è sufficiente a spiegare la scomparsa di un intero e storico settore politico?
La sinistra è scomparsa perché non può staccare se stessa - a meno di non essere più soggetto politico s.s. - da una visione d'insieme che non è comprimibile nell'immediato e nel fuoco fatuo del populismo. Pure Vendola, grande affabulatore, capace di tenere il palco come lo scranno, paga pesantemente il peso di questa condizione intrinseca.
Per motivi analoghi è scomparsa la destra (alla quale Berlusconi appartiene solo per una flebilissima assegnazione anagrafica che l'Europa non gli riconosce) e il centro, persino quello cattolico che in Italia ha ragioni esistenziali longeve.
Il clima sociale ha fatto si che questo passaggio elettorale esaltasse le malattie e ha premiato gli stregoni che le esorcizzano con riti colorati e rumorosi, mentre avremmo bisogno di statisti pragmatici, politicamente radicati e consapevoli, capaci delle lunghe cure che le patologie gravi richiedono.
Non credo sia possibile un governo PD-M5S, qualsiasi sia l'alchimia istituzionale che potrebbe giustificarlo, perché sono come la materia e l'antimateria: una annichilisce l'altra.
L'uscita di sicurezza dal mio pessimismo cosmico sta in un'intesa per fare rapidamente una nuova legge elettorale, certo che dia stabilità di governo, ma soprattutto che depotenzi il leaderismo e valorizzi i contenuti e il profilo dei singoli parlamentari che poi dovranno tradurli in atti. Poi di nuovo alle urne.
Ma né Berlusconi né Grillo hanno interesse per questa soluzione.
La luce in fondo al tunnel del mio pessimismo cosmico è innestare nella modalità grillina (la mobilitazione sociale) la politica, la proposta strutturata, l'eversione vera che sta nel cambiamento non effimero. 

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